
«Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti» (Gv 20,6-9)
Il segno della risurrezione è il sepolcro vuoto con i teli posati là ed il sudario, avvolto in un luogo a parte. “Hanno rubato il suo corpo”, questo pensavano, poiché non avevano ancora compreso che egli doveva risorgere dai morti. Chissà se noi abbiamo capito cosa vuol dire risorgere dai morti. Ci hanno detto che la Pasqua è il passaggio di Cristo dalla morte alla vita. Ma cosa significa per noi la Pasqua del Signore? Mazzolini di fiori, ovetti, pulcini e coniglietti? O forse non dovrebbe essere piuttosto questo: essere come il discepolo amato che corre e trova il sepolcro vuoto in cui vede e crede.
Diciamo che Cristo è la luce che rischiara le tenebre, ma cosa significa per noi se poi i luoghi dove viviamo sono tenebrosi. Sarà dovuto al fatto che non abbiamo fatto il nostro passaggio con Cristo? Cristo è luce perché illumina e noi battezzati siamo fiammelle di questa luce di Cristo nel mondo. Questa è la Pasqua del Signore per i discepoli, lasciarsi illuminare per allontanare le tenebre del peccato che deturpano la dignità dell’uomo, della vita. Pasqua è risorgere e lasciare il sepolcro, luogo della morte, vuoto. La Pasqua non è una semplice festa annuale, essa è lo stile di vita del cristiano, è vivere all’insegna dell’essere discepoli di Cristo risorto.
Don Orazio Giuseppe Tornabene (direttore della Caritas diocesana di Acireale)